Un’idea stupida, iniqua e inapplicabile

Avevo pubblicato questo articolo sul mio blog qualche mese fa. Forse l’argomento non è più recentissimo, ma ho voluto spostarlo qua, lo trovo più attinente agli argomenti trattati. La data dell’articolo originario era 30 ottobre.

Ieri ho scritto che la proposta di legge sull’obbligo di registrazione ai social solo mediante documento d’identità è una cosa stupida, iniqua e soprattutto totalmente inutile.

Vediamo perché, premesso che con tutti i problemi che abbiamo in Italia dovremmo concentrarci su altro, ma tant’è.

Il primo problema è di ordine legale. Questa proposta porterebbe di fatto alla schedatura di milioni di persone, limitando la libertà di espressione. Chi garantisce che, nel momento in cui qualcuno esprime un’opinione, essendo totalmente identificabile, non rischi di essere perseguito o peggio?
Secondo problema, anch’esso di ordine legale: chi garantisce la riservatezza dei dati consegnati per la registrazione? Stiamo parlando di aziende che tutte, chi più chi meno, in passato sono state accusate di aver gestito i dati dei loro utenti in modo piuttosto “allegro”, anche se si trattava di dati relativi al comportamento su internet (siti visitati, interazioni…). Chi ci garantisce che i documenti personali non rischiano di essere trattati nello stesso modo e finire nelle mani sbagliate? Attenzione, perché con un documento personale si possono fare molte cose, dall’aprire un conto corrente all’intestarsi un’utenza telefonica solo per citare due esempi.

Ci sono momenti storici in cui i cittadini possono anche essere disposti a cedere parte delle proprie libertà in nome di un bene superiore, ma non mi sembra questo il caso.
Anche perché questa proposta di legge non risolverebbe il problema, e veniamo al perché è inutile.

Il primo motivo è banale: la legge varrebbe solo per il territorio dell’Unione Europea, quando la maggior parte dei troll e dei bot (ma non solo, della pirateria informatica in generale) nascono e crescono fuori da esso (Russia e Cina principalmente). Quindi chi fa queste porcherie continuerebbe imperterrito a fare ciò che vuole.
Secondo motivo: l’applicazione di una norma simile, applicata solo all’Europa darebbe vita a una sorta di Internet di serie B limitata appunto solo al vecchio continente, che si troverebbe ancora una volta ai margini del mondo. Ammesso che i colossi di Internet possano essere interessati a sviluppare delle piattaforme dedicate solo per l’Europa (perché si renderebbe necessaria una segregazione tra ciò che viene usato in Europa e il resto del mondo) comunque sarebbe un mondo social di seconda categoria.
Tutto questo renderebbe il mercato europeo molto meno appetibile per chi investe in pubblicità, che è ciò che tiene in piedi Internet (assieme alla pornografia legale, ma questa è un’altra storia). Con un mercato molto più ristretto dell’attuale e di conseguenza molte meno risorse economiche l’Europa diverebbe poco interessante per chi investe in questo mondo, finendo inesorabilmente ai margini.

Per chiudere alcune note a margine.

Come sempre, quando si blocca o si limita qualcosa le persone cercano un metodo per aggirare le norme e continuare a fare ciò che facevano prima, a maggior ragione quando si ragiona di Internet e nuove tecnologie, dove le cose corrono a velocità pazzesche.
Chi come me ha passato i quarant’anni ricorderà Napster (per chi fosse troppo giovane per ricordarsene: https://it.wikipedia.org/wiki/Napster), il servizio di sharing peer-to-peer musicale attivo a cavallo della fine degli anni ’90 e i primi anni 2000. Senza voler qua ripercorrerne la storia e le battaglie legali che ne seguirono, facciamoci una domanda: la chiusura di Napster ha fermato il fenomeno della pirateria musicale e cinematografica? Nemmeno per idea. Chiuso quello sono usciti altre decine di servizi difile sharing basati su altre tecnologie e il popolo di Internet a vent’anni di distanza continua a scaricarsi quello che vuole. Similmente la limitazione dell’accesso ai social attualmente conosciuti porterà nel giro di un po’ di anni ad altri servizi dalle caratteristiche simili e liberi da limitazioni, magari favorendo tutto quel sottobosco di illegalità che prospera nei bassifondi di Internet, similmente a quanto accade nella vita reale.

Poi, che cos’è un social network? Un blog o un sito di cucina dove posso commentare le ricette, piattaforme che normalmente richiedono la registrazione sono sottoposte a questa legge? Altri siti come forum tematici? Servirebbe il documento per tutto? E la privacy di queste piattaforme, spesso gestite in maniera simil amatoriale chi la garantisce?

Infine, curiosamente un provvedimento al limite del liberticida viene proposto da due partiti che dovrebbero essere progressisti il che ci a un’idea di come siamo messi in Italia in termini di partiti di quella che una volta si chiamava sinistra, quegli stessi partiti che, partendo dalla convinzione che le sconfitte subite ad opera della Lega di Matteo Salvini siano imputabili solo alle fake news fatte circolare in rete dalla cosiddetta “Bestia” di Luca Morisi reagiscono una volta al governo, con un provvedimento liberticida. Roba da dittatura sudamericana, insomma.

Mezza bolognese e mezza romagnola, ingegnere, mamma, moglie e tante altre cose.
Terribilmente nerd, curiosa come un gatto, cerco capire e conoscere le cose e le persone.
Orgogliosamente a sinistra da sempre.